giugno 10, 2019

PROGETTO NEURO MEDICAL FITNESS

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OBIETTIVO OPERATIVO DEL PROGETTO

L’obiettivo del progetto è quello di proporre interventi strutturati, continuativi e a lungo termine di attività fisica adattata e di fisioterapia, anche domiciliare, per tutti quei soggetti che hanno avuto una diagnosi di Parkinson o Alzheimer.

Per questi pazienti l’esercizio fisico è indicato per il miglioramento della funzionalità fisica e cognitiva, ma a causa di difficoltà sociali o economiche non riescono facilmente ad accedere a trattamenti personalizzati, che rispettivo le linee guida validate e consolidate.

CARATTERISTICHE DEL PROGETTO

Per l’esecuzione di tali interventi è mia intenzione attivare partenariati con altri enti e avvalermi della collaborazione di professionisti certificati (laureati in scienze motorie e fisioterapisti) e di strutture para-sanitarie quali le palestre e i centri rieducativi dotati di adeguate caratteristiche.

INTRODUZIONE E INQUADRAMENTO DELLA PATOLOGIA

Le malattie neurodegenerative

Le patologie neurodegenerative sono un insieme variegato di malattie del sistema nervoso centrale, accomunate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni.

A seconda del tipo di malattia, il deterioramento neuronale può comportare deficit cognitivi sino a demenza, alterazioni motorie, disturbi comportamentali e psicologici.

Le demenze

La demenza è un disturbo acquisito su base organica delle funzioni intellettive in precedenza acquisite: memoria (a breve e a lungo termine), qualche pensiero astratto, capacità critica, linguaggio, orientamento spazio-temporale, con conservazione dello stato di coscienza vigile,

Nel complesso è affetto da demenza circa il 5% della popolazione mondiale oltre i 65 anni e circa il 30% di quella oltre 85 anni.

Più della metà dei dementi è affetto da demenza di tipo Alzheimer e il 15% circa da demenza su base vascolare, il 15% da forme miste e il restante 15% da forme di varia natura, tossica, traumatica, tumorale, infettiva.

Le  malattie neuro-degenerative

Il morbo di Alzheimer (AD) e il Morbo di Parkinson (PD) sono patologie che colpiscono con elevata frequenza le fasce di età più avanzate. Si tratta di malattie neuro-degenerative devastanti e inguaribili, ma non incurabili. Si manifestano prevalentemente con disordini motori (PD) e cognitivi AD.

L’invecchiamento è forse il fattore di rischio più importante, anche se non è infrequente la comparsa in età post cinquantenni. Il primo caso descritto dal dr. Alzheimer è stato su una donna di 55 anni. Nella patogenesi di queste patologie, vengono invocati anche fattori genetici e fattori ambientali, anche se non sono al momento chiare evidenze che questi fattori contribuiscano allo sviluppo di entrambe queste condizioni

Le caratteristiche eziopatogenetiche e fisiopatologiche sono profondamente diverse nelle due forme di patologie neuro degenerative.

La Malattia di Parkinson

I sintomi del Parkinson sono noti da migliaia di anni: una prima descrizione sarebbe stata trovata in uno scritto di medicina indiana che faceva riferimento ad un periodo intorno al 5.000 A.C.  Sopra i 60 anni colpisce circa il 2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 5% quando l’età è maggiore di 85 anni.

La malattia di Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente. I livelli ridotti di dopamina sono dovuti alla degenerazione di neuroni, in un’area chiamata Sostanza Nera (all’esordio dei sintomi la perdita cellulare è di oltre il 60%).

Tremori, rigidità, difficoltà alla deglutizione, scialorrea, disturbi del cammino e dell’equilibrio e lentezza nei movimenti sono i sintomi più comuni che purtroppo tendono a peggiorare con il passare del tempo.

I fenomeni non motori

Nella malattia di Parkinson si possono presentare anche fenomeni non motori, che possono esordire molti anni prima della comparsa dei sintomi motori. Si configurano spesso nelle fasi iniziali della malattia e con frequenza massima in quelle più avanzate. I sintomi non motori più frequentemente osservati sono: i disturbi vegetativi (alterazione delle funzioni dei visceri), dell’olfatto, del sonno, dell’umore e della cognitività, la fatica e i dolori.

Del tutto peculiari sono i Disturbi comportamentali ossessivi compulsivi. Si tratta di comportamenti ripetitivi mirati alla ricerca di piacere e di gratificazione personale, come l’assunzione eccessiva di cibo, il gioco d’azzardo, lo shopping, l’ipersessualità o la dipendenza da internet. Possono manifestarsi in una minoranza di pazienti, spesso durante l’effetto dei farmaci dopaminergici.

La terapia utilizza il L-DOPA (che rimane il farmaco più efficace per il Parkinson), che in molti casi consente al paziente una soddisfacente qualità di vita.

Il Morbo di Alzheimer

La malattia di Alzheimer-Perusini, è la forma più comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante con esordio prevalente in età presenile.

Ogni tre secondi una persona nel mondo sviluppa una forma di demenza di cui l’Alzheimer rappresenta il tipo più frequente: ne soffre il 60-70% di tutti i soggetti affetti da demenza, per un totale di 50 milioni di persone nel mondo, in prevalenza donne. Numeri che, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono destinati a triplicare entro il 2050, trattandosi di una malattia associata all’invecchiamento. Il progressivo aumento dell’aspettativa di vita è un cofattore che giustifica le previsioni epidemiologiche.

Il sintomo precoce più frequente è la difficoltà nel ricordare eventi recenti.

Con l’avanzare dell’età possiamo avere sintomi come: afasia, disorientamento, cambiamenti di umore repentini, incapacità a prendersi cura di sé, problemi nel comportamento.

Tutto questo porta il paziente ad isolarsi nei confronti della società e poi anche della famiglia. A poco a poco le capacità mentali basilari vengono perse, anche se la velocità di progressione è molto variabile.

L’aspettativa media di vita dopo la diagnosi è dai tre ai nove anni.

Biomarcatori

I biomarcatori del morbo di Alzheimer seguono un profilo sequenziale nel cervello che inizia con la deposizione di amiloide beta più di 20 anni prima dell’insorgenza prevista della demenza, ed è seguita da un declino nel metabolismo dei neuroni e successivamente da atrofia cerebrale strutturale.

La lunga fase preclinica del morbo di Alzheimer ha dato luogo ad iniziative per identificare in vivo biomarcatori per supportare diagnosi e prognosi della malattia.

PET ed RM vengono impiegate per valutare la quantità e la posizione delle placche di amiloide beta, l’alterazione del metabolismo del glucosio ed i cambiamenti strutturali del cervello,

La radiologia viene impiegata anche per rilevare la tauopatia, che implica la presenza di neuromicrofibrille contenenti proteina tau.

Questo darebbe la possibilità di prevedere con un certo grado di sospetto quando il paziente dovrebbe iniziare a manifestare i primi segni di demenza.

La diagnosi precoce

Individuare specifiche alterazioni nell’uso della lingua parlata in pazienti che presentano i primi segni di deterioramento cognitivo, rappresenta un metodo che potrebbe anticipare il riconoscimento dell’insorgere della malattia.

Individuare i segnali della presenza dell’Alzheimer già in questa fase “pre-sintomatica” diventa fondamentale per provare a rispondere in modo efficace alla malattia.

Strumenti informatici automatici a basso costo, da distribuire sul territorio, ai medici di base, può consentire fare screening su vasta scala alla ricerca dei primissimi segni di difetti cognitivi.

I BENEFICI DELL’ ATTIVITA’ FISICA

Molti anni di ricerche hanno confermato che l’Attività Fisica costituisce un intervento efficace per queste malattie neurodegenerative, prevenendo, attenuando o limitando la loro progressione.

Una singola seduta di esercizio fisico aumenta l’output cardiaco portando ad un aumento del flusso cerebrale che stimola vari processi neurobiologici benefici nel tessuto cerebrale.

L’attività fisica continuativa invece aiuta a consolidare da un punto di vista strutturale e fisiologico questi benefici stimolando l’angioneogenesi e la neuroneogenesi in strutture cerebrali fondamentali coinvolte nel movimento e nello sviluppo cognitivo.

QUALE ATTIVITA’ FISICA?

Il soggetto affetto da queste malattie deve essere messo nelle migliori condizioni per poter svolgere in totale sicurezza attività fisiche che ne migliorino le funzionalità motorie, comportamentali e cognitive. Tali attività fisiche devono essere prescritte dal medico, ma poi devono essere progettate ed implementate da personale qualificato per tali interventi complessi quali i dottori in scienze motorie e i fisioterapisti, in strutture adatte a tale scopo oppure presso il domicilio del paziente.

E’ stato osservato un aumento statisticamente significativo della funzione cognitiva nei gruppi che sono stati sottoposti a interventi di esercizio fisico, rispetto ai gruppi di controllo che non hanno seguito alcuna attività motoria.

Questi cambiamenti possono portare a miglioramento dell’umore, a maggiore resistenza allo stress e a potenziare le funzioni del cervello come la velocità di elaborazione, l’attenzione, la memoria a breve termine e la flessibilità cognitiva.

Le evidenze supportano l’esercizio aerobico come modalità preferita per la malattia di Alzheimer. 

Una buona fitness cardiovascolare nella mezza età è associata a ridotto rischio di demenza nelle età successive. La promozione di un’elevata fitness cardiovascolare dovrebbe essere inclusa nelle strategie per mitigare o prevenire la demenza.

Un miglioramento della forma fisica può quindi avere effetti positivi sul rischio di demenza.

QUANTA ATTIVITA’ FISICA?

E’ stata osservata una correlazione significativa tra le ore totali di attività svolta e i miglioramenti nella cognizione globale, la velocità di elaborazione del pensiero e l’attenzione Una attività svolta continuativa consente di ottenere risultati più stabili e coerenti.

E’ stato riscontrato che l’esercizio svolto per almeno 52 ore è associato a un miglioramento delle prestazioni cognitive negli anziani con e senza disabilità cognitiva. Le modalità di esercizio supportate da prove sono l’aerobica, la resistenza (forza), gli esercizi mente-corpo o combinazioni di questi interventi.

INTERVENTO SUL TERRITORIO

I nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), approvati con il D.P.C.M. 12/01/2017 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 18/03/2017, introducono, nell’ambito della Promozione dell’attività fisica e tutela sanitaria dell’attività fisica, la promozione di programmi strutturati di esercizio fisico per soggetti a rischio (Allegato F – Sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche, inclusi la promozione di stili di vita sani ed i programmi organizzati di screening; sorveglianza e prevenzione nutrizionale).

LA REGIONE VENETO

Da tempo la Regione Veneto si impegna a promuovere l’attività fisica e nello specifico, lo fa attraverso il Programma Regionale “Prescrizione dell’esercizio fisico”, contenuto nel Piano Regionale Prevenzione 2014-2018, attuativo del Piano Nazionale Prevenzione 2014-2018. Analogamente alla prescrizione medica, con la quale il medico indica al paziente la terapia da assumere, la prescrizione dell’esercizio fisico rappresenta l’atto attraverso il quale il medico fornisce al paziente le indicazioni circa il tipo, l’intensità, la frequenza e la durata dell’esercizio da svolgere in relazione al suo quadro clinico.

I RISULTATI

Tale “diritto all’attività fisica per la propria salute” però rimane troppo spesso solo sulla carta, soprattutto per quelle persone più vulnerabili (a causa di una patologia come quella neuro-degenerativa complessa o con difficoltà socio economiche oggettive); ecco quindi la necessità di intraprendere un intervento sul territorio che metta nella condizione questi malati di trovare in maniera agile ed efficace una struttura e dei professionisti adatti alle loro esigenze.

FOCUS

Nello specifico l’intervento si prefigge di:

Individuare quella/e struttura/e (dotate di certificazione) nella quale il malato di AD o PD possa svolgere programmi di attività fisica adattata in sicurezza e coerenti con le loro esigenze psico-fisiche;

Fare da tramite tra malati (associazioni territoriali, medici specialisti, strutture assistenza) e le palestre dove si svolgono tali attività.

Individuare quei casi che necessitano di un intervento chinesiologico e/o fisioterapico a domicilio, incentivando l’invio di professionisti a domicilio appartenenti alle strutture partner.

FOCUS

Il ruolo delle badanti e dello stile di vita

In tal senso, cruciale può essere la disponibilità di badanti. Promuovere corsi per badanti per la gestione del paziente a domicilio, ma soprattutto nel contesto della gestione di una parte dell’attività fisica anche in ambito domiciliare può essere una strategia vincente.

E’ infine necessario organizzare campagne di sensibilizzazione sugli stili di vita ed in particolar modo sull’attività motoria come strumenti di prevenzione e miglioramento della sintomatologia delle patologie neurodegenerative.

BIBLIOGRAFIA di RIFERIMENTO

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