febbraio 17, 2014

Bike sharing e salute: benefici buoni, ma anche molti infortuni

Il bike sharing giova alla salute, specie dei maschi sopra i 45 anni. Ecco, in sintesi, le conclusioni di uno studio pubblicato sul British Medical Journal sui potenziali benefici del ciclismo condiviso nella città di Londra, Regno Unito. «Oltre 600 città in tutto il mondo hanno realizzato progetti di bike sharing, ma sono pochi gli studi che ne valutano gli effetti sulla salute» spiega James Woodcock, ricercatore al Centre for Diet and Activity Research, Epidemiology Unit, Università di Cambridge, che assieme ai colleghi dell’University College di Londra e della London School of Hygiene and Tropical Medicine hanno stimato i benefici del ciclismo nel centro di Londra sulla salute degli utenti di entrambi i sessi e di età diverse. Da aprile 2011 a marzo 2012 gli utenti del bike sharing sono stati 578.607, per un totale di 7,4 milioni di viaggi e 2,1 milioni ore di utilizzo. E i dati raccolti suggeriscono che il ciclismo condiviso ha avuto effetti sulla salute complessivamente positivi , con vantaggi che riflettono una riduzione della morbilità dovuta all’incremento di attività fisica. «Non sono emerse prove, inoltre, che il bike sharing sia più pericoloso dell’uso della propria bicicletta. Anzi, i risultati indicano un effetto opposto, aumentando ancora di più i benefici del programma» riprende Woodcock. Diversi, invece, i dati sul rischio di incidenti: dato che il tempo di esercizio del progetto londinese di bike sharing non è stato abbastanza lungo per ottenere stime precise dei tassi di infortuni, i ricercatori hanno allargato le analisi agli indici infortunistici di tutto il ciclismo londinese. Scoprendo che il rapporto tra rischi e benefici varia per età e sesso. Nella fascia di età tra 45 e 59 anni i benefici erano maggiori rispetto ai danni, mentre fra i ciclisti più giovani, tra 15 e 29 anni, erano i rischi a superare gli effetti positivi. Analoghi risultati sono emersi analizzando i risultati per sesso, a conferma dell’elevato numero di incidenti mortali a carico delle cicliste della capitale. «I nostri dati indicano la necessità di ridurre i rischi con un sistema di piste ciclabili protette dal traffico, come nei Paesi Bassi. Fornire Londra di infrastrutture analoghe potrebbe contribuire a realizzare i notevoli vantaggi sulla salute che il ciclismo offre a livello di popolazione» conclude il ricercatore.

BMJ 2014; 348: g425

 

febbraio 15, 2014

INSULTI SESSISTI ALLA BOLDRINI E ALLE DEPUTATE DEL PD

Le offese Grilline contro la presidente della Camera Laura Boldrini e le deputate PD si arricchiscono ogni giorno di nuovi, penosi, particolari.

Oggi sul banco dell’accusa c’è il M5S ma la questione è assolutamente apartitica nel suo essere saldamente radicata nella cultura italiana.

Si potrebbe chiedere alle elettrici del M5S che cosa significhi per loro essere rappresentate da un gruppo parlamentare che ha manifestato un tale disprezzo nei confronti della donna.

Ma altro interessante interrogativo è come sia possibile che un partito dominante sulla scena politica ignori a tal punto le conseguenze che certe dichiarazioni possano avere sul voto delle proprie sostenitrici donne?

Non si tratta di leggerezza, né di superficialità. Significa ignorare politicamente, e dunque socialmente, le donne: come se il loro voto non fosse di alcun rilievo, come se non contassero nulla nella decisione pubblica. Un passo indietro di cinquant’anni anni sul quale dovremmo cominciare a riflettere il prima possibile»  

 

Consigliere comunale

Giorgio Pasetto

 

 

febbraio 14, 2014

DIABETE ED ATTIVITA’ FISICA

Le attività di rinforzo muscolare come esercizi di resistenza, stretching e yoga, da sole o combinate a un’attività fisica aerobica come il cammino veloce, la corsa, la bicicletta o il nuoto, riducono in modo significativo il rischio di diabete di tipo 2 nelle donne anziane o di mezza età. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato su PLoS Medicine e coordinato da Frank Hu, professore di medicina ed epidemiologo alla Harvard School of Public Health di Boston, Massachusetts. «L’esercizio fisico è noto per prevenire il diabete di tipo 2 ma anche per migliorarne il controllo metabolico anche in programmi anaerobici, come dimostrato in precedenti studi in soggetti di sesso maschile. Nelle donne, invece, l’associazione tra tipologia di esercizio fisico e ridotto rischio di diabete non è ancora stata dimostrata» dice Hu. E per colmare la lacuna i ricercatori di Harvard, in collaborazione con i colleghi delle Università della Danimarca del sud a Odense, e della National university di Singapore hanno seguito in modo prospettico 99.316 donne non diabetiche fra 36 e 81 anni che avevano partecipato al Nurses’ health study e al Nurses’ health study II, due studi di coorte svolti tra il 2000 e il 2009. Lo scopo era verificare se il tempo speso in esercizi di resistenza o a basso impegno muscolare e in attività fisica aerobica moderata e vigorosa riducesse il rischio di diabete. E l’ipotesi si è rivelata fondata: i ricercatori hanno scoperto che sia l’uno sia l’altro tipo di esercizio era associato in modo indipendente a un ridotto rischio di diabete, anche dopo aggiustamento per i potenziali fattori di confondimento. «Le donne che dedicavano almeno 150 min/settimana all’ attività fisica aerobica moderata e vigorosa e almeno 60 min/settimana al potenziamento muscolare avevano probabilità di ammalarsi significativamente più basse rispetto alle coetanee inattive» dice Hu. E conclude: «Questi risultati confermano anche nella popolazione femminile il ruolo protettivo giocato dall’attività fisica nello sviluppo di diabete indipendentemente dal tipo di esercizio, che può essere il semplice stretching, l’attività fisica aerobica moderata e vigorosa o una combinazione di entrambi per le più sportive».

PLoS Med. 2014 Jan;11(1):e1001587